Fino a pochi anni fa, per un imprenditore il concetto di work-life balance era un’utopia. Oggi, in Italia, la Gen Z si sta scontrando con un mercato del lavoro rigido e sta provando a cambiare mentalità e approccio nel modo di vivere e lavorare.
Da New York a Berlino, da Milano a Singapore, i giovani imprenditori non cercano solo successo, ma sostenibilità personale. Non si tratta di lavorare meno, ma di lavorare meglio, con strumenti più intelligenti, strutture più flessibili e una nuova cultura del fare impresa che non sacrifica la salute mentale o lo spazio/tempo dedicato a relazioni e attività personali.
Tra i 144.000 giovani imprenditori presenti in Italia, la tendenza va verso una ricerca di modelli di business flessibili, ibridi e scalabili, che permettano di costruire aziende solide senza rinunciare alla propria vita personale.
Anche il significato stesso del lavoro, il suo valore e la sua finalità ultima, stanno vivendo un vero e proprio conflitto culturale. Da un lato, le generazioni over 40 sono cresciute con l’idea che lavorare significhi soprattutto impegno, sacrificio e dovere; dall’altro ci sono i più giovani, per cui il lavoro significa autorealizzazione e deve avere un impatto positivo sulla vita: deve offrire benessere, crescita, equilibrio. I primi vedono nel lavoro soprattutto la dimensione della quantità, i secondi invece la dimensione della qualità.
Per i nuovi imprenditori, non è più una questione di “tempo vs soldi”, ma di scelte consapevoli, organizzazione e amore, per il proprio lavoro e per la propria vita.